biodiesel di nuova generazione

maggio 27, 2014 in conferenze da clubdo

Biocarburanti: un futuro che si coniuga al presente    biocarburanti 19-5-14               

Effetto serra e dipendenza energetica, questi i temi che stanno alla base della conferenza organizzata dal Club Donegani presso la Sala Leonardo Est Sesia il 19 maggio, che ha visto come relatore il direttore dell’Istituto Eni Donegani di Novara Dr Carlo Perego.

La crescita esponenziale della CO2 immessa nell’atmosfera dalle attività umane nell’ultimo decennio (da 27 miliardi di tonnellate nel 2004 a 34 nel 2012 ) preoccupa seriamente le economie industriali di tutto il mondo. L’Europa, per limitare l’incremento di CO2 dovuto ai combustibili per auto trazione, ha emanato una serie di direttive che impongono la miscelazione dei tradizionali carburanti d’origine fossile (benzina e diesel), con carburanti analoghi derivati da biomasse vegetali, purché non ottenuti a scapito di colture e terreni destinati al mercato agro-alimentare.

Quale la risposta della ricerca e della tecnologia ENI ?

Dice Dr Perego: “In Europa, a seguito della progressiva diffusione della motorizzazione diesel, il rapporto gasolio/benzina è in costante aumento. Per questo gli sforzi di ricerca in Eni nell’ambito dei biocarburanti sono prevalentemente rivolti al biodiesel.”.

 Contrariamente al bioetanolo prodotto dalla M&G di Tortona per fermentazione degli zuccheri ricavati dalla cellulosa degli scarti vegetali, il Biodiesel attualmente additivato al diesel tradizionale viene ottenuto da oli vegetali (colza, palma ecc.), gli stessi che usiamo a tavola, mediante reazioni chimiche di transesterificazione. Questo carburante ha però alcuni difetti che ne limitano la percentuale di  additivazione. ENI in collaborazione con la società americana UOP ha messo a punto una tecnologia chiamata Ecofining che consente, grazie ad un processo chimico d’idrogenazione degli stessi oli vegetali, di ottenere il Greendiesel, un carburante con proprietà decisamente superiori che lo rendono compatibile con il diesel tradizionale e ne consentono un’additivazione illimitata , permettendo così di raggiungere senza problemi il 10% della normativa europea. Tale tecnologia è approdata nella raffineria di Venezia, che è stata recentemente riconvertita in bio-raffineria verde con una produzione a regime di 600.000 tonnellate di Greendiesel. Se da un lato la materia prima è ancora costituita da oli vegetali di prima generazione, ovvero alimentari, e per di più d’importazione, dall’altro la grande flessibilità del processo consente in prospettiva di sfruttare materie grasse derivanti dai materiali più disparati e superare queste limitazioni.  Allo scopo la ricerca Eni ha messo in campo un portafoglio di progetti condotti in parte o totalmente nell’Istituto Donegani per individuare materiali e processi alternativi con cui produrre la materia grassa da avviare in bioraffineria.  Un primo approccio prevede la trasformazione di biomasse vegetali, scarti agricoli ecc, in zuccheri che possono poi essere fermentati ad olio tramite opportuni microrganismi. Alternativamente le biomasse possono essere trattate con processi termici che includono sia la liquefazione e la pirolisi per ottenere bio-oli, miscele complesse di prodotti che possono poi essere trasformati in carburanti, sia la gassificazione e successiva reazione di Fischer–Tropsch, per ottenere combustibili idrocarburici. Infine un’altra fonte d’oli adatti ad essere trasformati in carburanti diesel può essere ricavata dalle microalghe, coltivate in vasche e nutrite con CO2 e acque di scarico industriali che di conseguenza vengono parzialmente depurate. Uno sviluppo estremamente interessante di questi progetti è la trasformazione dei rifiuti organici in bio-oli e carburanti. Attualmente in Italia si producono ca 23 milioni di tonnellate di rifiuti organici, di cui solo il 45% viene riciclato o trasformato in energia contro un 99% ca della Germania, diventata oramai lo standard di riferimento. L’applicazione su scala industriale di questi processi, per ora ancora allo stadio di laboratorio e/o impianto pilota, rappresenta dunque in prospettiva una soluzione praticabile per alleviare il peso di tre emergenze fondamentali: smaltimento rifiuti, riduzione gas serra ed autonomia energetica.